5 Dicembre 2009
Ma quanto pesano questi “bollini”

 “Da quest’anno, si spreca più tempo per la burocrazia, di quello che si impegna nel vigneto ed in cantina. Con l’aggravante che può succedere di non riuscire ad onorare le consegne di vino”. Descrive così, il presidente provinciale Coldiretti, Maurizio Soave, la situazione paradossale in cui si trovano, loro malgrado, i vitivinicoltori.
Sotto accusa il sistema di certificazione e controllo, con i viticoltori esasperati nel fare la spola tra Valoritalia, la società alla quale è stato assegnato il piano dei controlli, e le Camere di Commercio per ottenere le ricevute attestanti le DOC e le DOCG.
“Purtroppo – sottolinea sconsolato Soave – si sta verificando quanto avevamo previsto. Noi ci siamo sempre opposti all’affidamento del sistema dei controlli a Valoritalia, sapevamo delle difficoltà a cui andavano incontro. In pratica le certificazioni vendemmiali 2009, vanno così a rilento che in molti casi le cantine devono fermare gli imbottigliamenti e posticipare le vendite. Un fatto gravissimo e una perdita economica pesantissima per il settore vitivinicolo, soprattutto in un momento di crisi molto delicato”.
Gli innumerevoli richiami presentati da Coldiretti in ogni incontro tra Istituzioni, Enti e Consorzi per immediati snellimenti ed ottimizzazioni, sono rimasti inascoltati. Oggi il rilascio dei noti “bollini” per le uve ed i vini a Denominazione d’Origine  è subordinato alla interminabile catena di passacarte e di formali pareri di conformità.
“L’anno scorso – specifica Soave - almeno i dati circolavano tra i soggetti controllori in modo efficace, con accordi e metodologie informatiche ancora da perfezionare, ma senza intralci. Oggi si è retrocessi alla carta, ai timbri e al passamano da sportello a sportello. Così la nuova O.C.M.(l’Organizzazione Comunitaria del Mercato del Vino), invece di andare a compimento peggiora la situazione”.
A questo si devono aggiungere le formalità fiscali e doganali per le cessioni intracomunitarie, diventate un labirinto senza fine. L’attesa di una semplificazione dei provvedimenti da inserire nella riforma della legge sulle  Denominazione d’Origine dei vini si protrae evidentemente troppo a lungo: sul sistema dei controlli occorre intervenire subito, c’è il rischio di incorrere in ritardi eccessivi sul pagamento delle uve, mentre incidono già le mancate consegne di alcune partite di vino. I produttori si sono già rassegnati anche a pagare anticipatamente un “servizio” di cui non vedono l’utilità, ma vogliono riuscire a vendere il loro vino a chi desidera riceverlo.
I consumatori sanno benissimo che il vino è tra i prodotti più certificati da tempo e sanno pure che in Piemonte si è deciso di apporre una fascetta stampata dal Poligrafico dello Stato su ciascuna bottiglia. Cosa serve ancora? Tutto quello che si aggiunge rischia di essere superfluo.
“La situazione è da tempo insostenibile – evidenzia Maurizio Soave – così non si può andare avanti. Sono troppi i soggetti, non solo pubblici, ma anche privati, che a vario titolo sono implicati nella produzione del vino”.
Una bottiglia di vino, prima di poter arrivare sulle tavole del consumatore, passa sicuramente al vaglio di Comuni, Province, Regioni, Agea, Organismi Pagatori Regionali, ICQ, Dogane, GdF, CFS, NAS, ASL, ARPA, Camere di Commercio, società di controllo, consorzi di tutela.
I produttori chiedono almeno di poter scegliere il proprio titolare del nuovo piano dei controlli tra i soggetti autorizzati dal Mipaaf e accreditati secondo le disposizioni europee, evitando così monopoli e favorendo la competitività e il contenimento delle tariffe.
“In questo caos – conclude il presidente Coldiretti – è ora di ridare centralità al vigneto e di non mortificare più il viticoltore, per rimettere al centro del sistema il vino, il consumatore e il produttore occorre ridefinire velocemente i compiti dei consorzi, evitando commistioni e duplicazioni con i controlli e riconsiderare  la rappresentatività dei viticoltori nella loro compagine sociale. L’andirivieni attuale di carteggi, di pareri di conformità e di autorizzazioni non intimoriscono minimamente i farabutti, mentre fanno perdere giornate intere agli operatori, con il rischio di farli  allontanare dalle Denominazioni di origine, cardine su cui poggia la nostra vitivinicoltura e su cui gira una vasta parte dell’economia piemontese, fatta da circa  25 mila aziende vitivinicole, oltre 50 cantine sociali, 280 industrie del settore con 3300 occupati, più l’indotto”.

 

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