17 Ottobre 2009
La brutta situazione del grano

C’è forte scoramento fra i cerealicoltori astigiani. L’andamento della campagna del grano è stata piuttosto anomala e più che mai anonima. La raccolta è iniziata in ritardo e, causa le piogge, si è protratta più del previsto. Il mercato poi non ha risposto con segnali positivi, come molti speravano, ma con una riduzione del 25% rispetto all’anno scorso. Un disagio dal punto di vista economico, nonostante la qualità e la quantità del raccolto sia stata comunque buona. Un disagio che sui titolari delle imprese agricole e le loro famiglie, si raffigura sempre più come un malessere sociale. Un disagio che colpisce gente abituata a lavorare sodo, a mettere perizia e professionalità nella loro attività, a vivere con dignità anche nei momenti di difficoltà e per questo, evidentemente, poco adusa a plateali lamentele. Eppure, dopo che nel Nord dell’Astigiano, un paio di anni fa, è naufragata, quasi silenziosamente la speranza di recuperare redditività con la coltura della barbabietola da zucchero, le prospettive non paiono buone neanche per la campagna del mais appena conclusa.
Una situazione difficile che comincia a pesare anche sulle garanzie del credito e sugli investimenti che fanno da contraltare alle esigenze mondiali di sfamare una popolazione che aumenta vertiginosamente. La denuncia viene dalla Fao che fa appello affinchè si applichino regole chiare per evitare che sul cibo si susseguano speculazioni vergognose.
L’aumento della fame nel mondo infatti sta avvenendo, sotto gli occhi di tutti, nonostante si sia verificato un drastico calo dei prezzi dei prodotti agricoli, con le quotazioni internazionali che sono dimezzate in un anno da 10 dollari per bushel (0,37 dollari al chilo) del 2008 a poco più di 5 dollari per bushel (0,18 dollari al chilo). Questo unicamente per effetto della speculazioni sui prezzi dei prodotti alimentari derivati come pane e pasta, aumentati nei paesi ricchi ed in quelli poveri. Come rileva Coldiretti, dal rapporto pubblicato dalla Fao emerge che gli affamati sono cresciuti del 9% nell'anno in corso, arrivando alla vetta di 1,02 miliardi, il livello più alto dal 1970 e che è oggetto di analisi al Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione, organizzato da Coldiretti con la collaborazione dello studio Ambrosetti, a Villa d’Este a Cernobbio, sul lago di Como nella giornata di ieri e in quella di oggi.  
Nonostante il forte calo dei prezzi alla produzione agricola che sono al minimo da venti anni, per le principali materie prime come latte e cereali, rimangono alti - denuncia la Coldiretti - i prezzi al consumo che rendono ancora più difficile la sopravvivenza del miliardo di affamati. Lo dimostra il fatto che l'andamento dei prezzi al consumo in 58 Paesi in via di sviluppo ha evidenziato che nell'80 per cento dei casi i prezzi sono più alti dello scorso anno.
L'emergenza alimentare - sostiene la Coldiretti - non si risolve con i prezzi bassi all'origine per i produttori perchè questi non consentono all'agricoltura di sopravvivere e, con la chiusura delle imprese, destrutturano il sistema che non è più in grado di riprendersi anche in condizioni positive. Gli aiuti alimentari sono necessari, ma non bastano e occorre investire nell'agricoltura delle diverse realtà del pianeta, dove servono prima di tutto politiche agricole regionali che sappiano potenziare le produzioni locali con la valorizzazione delle identità territoriali per sfuggire all'omologazione che deprime i prezzi e aumenta la dipendenza dall'estero.

 

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