Dal Vinitaly di Verona, nonostante le preoccupazioni della vigilia per la crisi economica e finanziaria internazionale, sono venuti segnali incoraggianti sulla vitalità del comparto vitivinicolo. Il vino rimane, e forse è sempre più, un prodotto di punta del “Made in Italy” perché sa esprimere il territorio da cui proviene ed esplorare aspetti culturali infiniti. I consumatori, dunque, seguono sempre più il mondo del vino e approfondiscono tutto l’universo che sta dietro a una bottiglia.
Purtroppo, però, per i produttori non basta fare un vino di qualità e promozionare la cultura enoica, dietro ad una bottiglia c’è anche, tanta, troppa, burocrazia. Un’azienda vitivinicola passa più tempo dietro alle scartoffie burocratiche che alla coltivazione della vigna o la produzione del vino. Questo perché il sommarsi di adempimenti, alcuni contraddittori, alcuni superflui, costringono a compilare documenti, registri, comunicazioni ed altre mille carte.
Secondo uno studio dell’ufficio vini della Coldiretti del Piemonte sono almeno 30 gli adempimenti burocratici che precedono la messa in commercio di una bottiglia di vino.
Coldiretti rilancia la necessità di un intervento legislativo per snellire e potare una burocrazia spesso inutile senza incidere sulla sicurezza e sulla qualità del vino.
Recentemente il Governo ha eliminato migliaia di articoli contenuti in altrettante leggi superate che appesantivano il cittadino, ma nessuna di queste ha ancora riguardato il settore vitivinicolo. Le imprese italiane, rischiano di perdere competitività nei confronti dei loro concorrenti esteri.
Si cita ad esempio l’ormai obsoleto divieto di vendita del vino sui mercati ed in forma itinerante, che risale addirittura al 1931, oppure l’assurda sovrapposizione di dichiarazioni e di controlli, nonché l’intricata normativa che rendono molto difficile per le imprese non incappare in errori formali nell’applicazione della normativa stessa.
“Troppa burocrazia – sottolinea Luigi Zepponi, direttore provinciale Coldiretti – ci viene dalla sovrapposizione degli organismi deputati ai controlli, dove per le cantine si aggiungono quelli effettuati dai Consorzi di difesa, tanta carta per le Doc, senza che esista una reale corrispondenza sulla reale natura dei prodotti”.
Dall’introduzione dell’informatica si attendevano facilitazioni, invece la carta è rimasta quella di prima, quando non è aumentata. Se la nuova tecnologia viene applicata sotto la lente deformante della burocrazia non apporta quei vantaggi che le sono connaturali, anzi aggiunge difficoltà operative.
Dice Paolo Rovellotti presidente Coldiretti Piemonte “puntiamo a questo principio e ci stiamo impegnando attivamente attraverso un gruppo di lavoro regionale, coordinato da Maurizio Soave, presidente provinciale Coldiretti e componente regionale della Giunta con delega al settore, incaricato ad approntare un documento di proposta semplificativa sperando di arrivare ad un testo unico per l’intero settore. Evidenzio ancora, che snellire la burocrazia non deve significare allentare le sicurezze per i consumatori o le garanzie sulla qualità del prodotto.
Le modifiche e le migliorie devono quindi essere fatte con la sapienza e l’esperienza del potatore che taglia non per tagliare, ma per fare in modo che i tralci rimasti diano frutti migliori.
Conclude Bruno Rivarossa direttore Coldiretti Piemonte “da una attenta osservazione compiuta tramite i nostri uffici siamo in grado di affermare che, in media l’impresa vitivinicola dedichi almeno due ore di lavoro al giorno per adempiere ai vari obblighi di legge connessi alla conduzione dei vigneti, alla produzione del vino ed alla sua commercializzazione. In buona sostanza un viticoltore che produce, trasforma e commercializza il proprio vino, dedica almeno 100 giornate lavorative all’anno per districarsi nel marasma della burocrazia che deve essere semplificata per alleggerire il carico all’impresa, pur con la ferma volontà di fornire le più ampie garanzie al consumatore finale”.
6 Aprile 2009
Cantine: meno carta, più vino